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Volumen 29.2/2019

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top_DOWNLOADAlice Balsanelli, “Le concezioni animiste tra i maya lacandoni del Chiapas, Messico”, Centroamericana 2019, 29.2, pp 5-36

Resumen: Il presente articolo si propone d’indagare la concezione di ‘anima’ dei maya lacandoni del Messico, tra cui si è realizzata una ricerca sul campo della durata di sei anni (2011-2018). Dopo aver introdotto brevemente il gruppo etnico considerato, si offrirà una rassegna delle credenze circa le essenze animiche nell’area maya, iniziando con i dati inerenti al periodo classico (250-900 D.C), fino a giungere ai gruppi etnici contemporanei. Questa comparazione permetterà di evidenziare le differenze tra il pensiero nativo e quello occidentale, basato sull’idea cristiana di un’anima unica, indivisibile ed eterna, prerogativa degli esseri umani. I maya concepiscono il corpo come un tutt’uno formato da una parte fisica (l’organismo) e da un numero culturalmente variabile di elementi intangibili, alcuni imprescindibili per la vita dell’essere umano, altri d’importanza secondaria. Analogamente, gli indigeni credono nell’esistenza di entità extra-corporee, albergate all’interno dell’organismo di un agente esterno, che spesso prende la forma di un alter-ego zoomorfo. Si analizzeranno le caratteristiche delle essenze incorporee lacandone e le condizioni che provocano la loro separazione dall’organismo: le malattie, la follia, la morte, le esperienze oniriche. Saranno anche introdotti i rimedi che permettono la ricongiunzione dell’anima con il corpo, nell’ambito delle pratiche curative.

Parole chiave: Lacandoni – Maya – Animismo – Entità animiche – Dicotomia corpo/anima.

top_DOWNLOADAndrea Beaudoin Valenzuela, “Representaciones de la violencia, el estado y las clases marginadas en «Los de abajo», «El Señor Presidente» y «Un día en la vida»“, Centroamericana, 29.2, pp 37-60 

Resumen: En Los de abajo (1915) de Mariano Azuela, El Señor Presidente (1946) de Miguel Ángel Asturias, y Un día en la vida (1980) de Manlio Argueta, la oposición entre las clases marginadas y las estructuras de poder que representan al Estado constituyen el elemento central de la narración. Este articulo rastrea en las tres novelas la construcción narrativa del Estado como institución en crisis, el ejercicio de la violencia como mecanismo de poder y medio de interacción social, y la expresión de la experiencia marginada en la revolución, la dictadura o la guerra civil.

Palabras clave: Violencia – Clases marginales – Estado – Revolución mexicana – Dictadura en Guatemala – Guerra civil en El Salvador – Estructuras de poder.

top_DOWNLOADIgnacio Sarmiento, “Desarticular la represión. La descomposición de la familia en la literatura centroamericana de postguerra“, Centroamericana, 29.2, pp 61-86

Resumen: El presente artículo busca estudiar cómo la narrativa reciente ha problematizado una de las instituciones más poderosas de la sociedad contemporánea: la familia. Para esto, se analizan dos novelas que han abordado la problemática familiar desde perspectivas críticas. En primer lugar, se estudia la novela Los locos mueren de viejos (2008) de la salvadoreña Vanesa Núñez Handal y posteriormente la novela Las flores (2007) de la guatemalteca Denise Phé-Funchal. Se propone que, por medio de la locura y el deso respectivamente, ambas novelas presentan una desarticulación de las estructuras familiares. De esta forma, al menos de manera metafórica, las novelas plantean la necesidad de cuestionar la familia en tanto institución reguladora de la sexualidad y la vida íntima en las sociedades contemporáneas. Al mismo tiempo, tensionar el concepto tradicional de familia permite discutir su rol en el marco de los procesos de construcción nacional en Centroamérica iniciados en el siglo XIX.

Palabras claves: Familia – Centroamérica – Postguerra – Guatemala – El Salvador.

top_DOWNLOADFrancesca Valentini, “La «transculturación» musicale e poetica in Nicolás Guillén. Poesia e «son», «son» e poesia“, Centroamericana, 29.2, pp 87-116

Resumen: Guardare a Cuba significa guardare alla sua musica. Esattamente come il colore della pelle cubana è una carta che racconta una storia fatta di intrecci sociali e culturali, così la musica riproduce influssi diversi concretizzando quel fenomeno che Fernando Ortiz chiama transculturación. Il canto cubano è una melodia che costruisce un’identità ‘altra’, un’identità cubana che fa del mestizaje il suo punto di forza e non l’elemento da silenziare. La poesia di Nicolás Guillén raccoglie questo eco poetico che appartiene a los tambores per creare un verso autenticamente cubano e capace di dar voce alle lingue diverse che scandiscono il tempo musicale dell’isola. Il poeta, attraverso onomatopee, jitanjáforas e anafore riproduce nelle sue opere quell’universo di suoni che racchiudono il segreto dell’identità cubana, nella convinzione che la letteratura debba essere testimone attiva della realtà. Saranno proprio i personaggi poetici di Guillén a far tornare la parola del poeta nel mondo musicale dal quale ha avuto origine: i versi di Guillén, infatti, nati dal desiderio di riprodurre la poesia insita nella musica cubana, divengono essi stessi testi musicali. Un percorso interno alla tradizione cubana stessa, che va dalla musica alla poesia, per poi tornare alla musica, creando un mestizaje culturale specchio del meticciato etnico.

Parole chiave: Poesia cubana – Sincretismo culturale – Guillén – Musica afrocubana.

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